In Italia come nel resto del mondo dopo la prima fase della pandemia, imprenditori e aziende sono stati costretti a tracciare un nuovo percorso.
Da ricerche fatte in sette Paesi europei per capire che cosa è cambiato, in termini di smart working, autonomia e flessibilità si arriva ad una conclusione.
Oggi, a distanza di oltre un anno dal lockdown più di 100 milioni di dipendenti in Europa sono passati al lavoro a distanza, di cui oltre 45 milioni hanno fatto questo cambiamento per la prima volta. Durante la pandemia molti dipendenti hanno sperimentato il lavoro a distanza che li ha portati ad un cambiamento radicale verso un modo di lavorare più indipendente.
Adesso le organizzazioni dovranno pensare a come canalizzare questa maggiore autonomia.
«Due dipendenti su tre», (è scritto nel report di uno studio fatto da Deloitte che ha raccolto le opinioni di oltre 10.000 lavoratori in sette Paesi europei) «si aspettano, da ora in poi, di lavorare da remoto più spesso, infatti, la maggior parte degli intervistati considera l’adattabilità un’abilità vitale se vogliono restare nel mercato del lavoro post-COVID».
IN ITALIA
Tempo e fiducia sono le basi per un efficace cambiamento
Considerato il periodo molto delicato in cui questi cambiamenti sono avvenuti, per gli italiani non è stato particolarmente difficile adattarsi alle novità: l’85% dei nostri connazionali ha trovato facile adattarsi al lavoro da remoto.
Prima della pandemia, era impensabile che cambiamenti così profondi e improvvisi nella vita lavorativa delle persone si sarebbero potuti effettuare con così tanto successo, ma soprattutto, che per i lavoratori sarebbe stato così semplice.
Gli elementi fondamentali che hanno giocato un ruolo decisivo nel facilitare questa transizione sono stati:
– il tempo, con il passare dei giorni è diventato sempre più facile adattarsi ad un nuovo modo di lavorare;
– contare su un solido network di colleghi e relazioni personali;
– la fiducia data dai colleghi e dalla leadership.
«L’ambiente di lavoro è cambiato sostanzialmente negli ultimi mesi ed è improbabile che torni a essere quello che era prima del Covid-19. Riconoscendo la complessità ed eterogeneità dei propri dipendenti, i leader aziendali devono progettare le proprie politiche e interventi in modo mirato, sulla base della comprensione dei diversi attributi e bisogni dei propri lavoratori» ha commentato convinto Drew Keith, Human Capital Leader Deloitte.
COSA RESTERÀ DI QUESTA PANDEMIA
La maggior parte dei lavoratori in Europa pensa che alcuni aspetti della propria vita rimarranno permanentemente diversi.
Per i lavoratori il lavoro a distanza sembra essere già un elemento che permarrà nel futuro. Quasi tutti ci aspettiamo di avere maggiore flessibilità nel decidere quando e come lavorare nel mondo post-COVID-19. Due dipendenti su tre, in Europa ma anche nel nostro Paese, si aspettano di lavorare da remoto più spesso.
Per le aziende imparare a gestire una forza lavoro più autonoma e sempre meno centrata sul posto di lavoro è una nuova grande sfida. Questo comporterà anche nuovi schemi di remunerazione e valutazione, finora fortemente basati sulle ore lavorate.
Nei lavoratori invece la paura di dover lavorare più ore, per la stessa retribuzione, è seconda solo alla paura per l’aumento della precarietà del lavoro. Ulteriore preoccupazione risulta essere il deterioramento delle relazioni umane tra colleghi con conseguente perdita di fiducia.
In oltre nell’ambiente di lavoro si richiederanno nuove competenze da parte della forza lavoro ed i lavoratori sembrano esserne consapevoli. In particolare, viene indicata la capacità di adattarsi come una delle prime tre capacità che saranno più rilevanti. Altro elemento che secondo gli italiani diventerà sempre più rilevante nella “nuova normalità” sarà la capacità di lavorare in team, seguito dall’abilità di sviluppare creatività che vada al di fuori degli schemi del lavoro tradizionale.
Il quadro che emerge è nel complesso positivo. In un ambiente di lavoro cosi in evoluzione, la maggior parte dei lavoratori è riuscita ad adattarsi molto bene, nonostante la situazione critica. Le aziende devono adesso prendere spunto da questo atteggiamento e impegnarsi per costruire una forza lavoro più resiliente. Ciò richiederà di andare oltre la formazione dei lavoratori unicamente nell’ambito delle competenze tecniche, infatti, bisognerà concentrarsi anche sulla creazione di una cultura e di una mentalità organizzativa che possa favorire la capacità di apprendere, applicare e adattare nuove competenze.